21 maggio 2023 > 15 ottobre 2023
Isola della Certosa – Venezia
a cura di Domitilla Dardi
Quattro installazioni frutto del dialogo inedito tra artisti, architetti, designer, filosofi e botanici per raccontare la storia di un luogo e la sua natura.
Andrea Anastasio con Angela Rui, Bêka&Lemoine con Stefano Mancuso e Studio Formafantasma con Emanuele Coccia.
Per l’occasione, si trasferisce a Venezia anche il Progetto Alcantara-MAXXI con l’installazione dello Studio Ossidiana.
Non ci è più concesso di essere passivi rispetto alle condizioni naturali che ci circondano. La conoscenza che oggi non possiamo più permetterci di eludere è quella del contesto ambientale nel quale viviamo e BioGrounds è un progetto che si pone come obiettivo quello di attivare questa conoscenza.
L’idea nasce dall’unione tra la vita ambientale (Bio) e l’assonanza con il termine playground (Grounds), affidando a progettisti contemporanei l’obiettivo di creare installazioni, dispositivi e performance in grado di raccontare al pubblico la storia di un luogo e la sua natura, coinvolgendo i visitatori tramite azioni e interventi.
I BioGrounds sono ideati da progettisti – architetti, artisti, designer – in dialogo con teorici esperti di temi ecologici – filosofi, botanici, critici- e il luogo ottimale per la loro realizzazione è l’Isola della Certosa di Venezia, data la sua importante biodiversità. Le opere sono pensate per trasformarsi, vivere e invecchiare nell’ambiente come accade a ogni elemento segnato dal passare del tempo. Osservarne il cambiamento è parte integrante della fruizione attiva da parte del pubblico.
Invasi. Andrea Anastasio con Angela Rui
Il vaso in terracotta è la prima “casa” creata dall’uomo per una pianta: è qui che essa viene fatta germogliare nel vivaio e poi trasportata per essere messa a dimora. Il vaso, inoltre, è uno dei primi artefatti della storia umana, presente in tutte le culture del mondo, vero archetipo dell’abitare. La sua forma circolare ricorda la ciclicità della natura stessa, dal moto dei pianeti fino alle conglomerazioni animali. In quest’opera una moltitudine di vasi di terracotta tornano alla natura, divenendo nuovamente invasi che contengono piante e animali che li colonizzeranno nel tempo, in maniera spontanea. Riportando il vaso alla natura, esso torna a essere grembo gestazionale, rifugio, protezione. L’opera di sviluppa su un’area anfibia – boschiva e lagunare – ed è composta da vasi ed elementi in gres sui quali sono incise frasi, che per gli umani sono leggibili come informazioni riferite all’ambiente; mentre per gli animali funzioneranno da aperture per trasformare i vasi stessi in tane.
Spaccasassi. Beka & Lemoine con Stefano Mancuso
L’opera è collocata nei ruderi del chiostro dell’antico monastero della Certosa e ha come protagonista un albero, un bagolaro, che è nato spontaneamente grazie alle acque residue del pozzo che alimentava la struttura. Questa specie arborea in dialetto è chiamata “Spaccasassi” per la sua prerogativa a farsi strada anche sulle dure superfici di strade e architetture imposte dall’uomo alla natura. La sua essenza è quindi quella di un essere resistente, che sopravvive alle condizioni più ostili: sia quelle direttamente create dall’uomo con i suoi artefatti, sia quelle climatiche generate dalle sue azioni. Una serie di attività performative rende tributo a questo albero che ha dato luogo a una sorta di mito proprio per le sue capacità di resistenza. L’invito è a sedersi, osservare e ascoltare questo simbolo di resistenza naturale, con l’attenzione che di solito riserviamo alle opere d’arte realizzate dall’uomo.